LE RIVISTE • BILL • Un' idea di pubblicità •

La comunicazione si è esaurita o c'è ancora qualcosa da dire?
e cosa?
ma soprattutto: Come?

"Andare sul sicuro può essere la cosa più pericolosa del mondo, perché significa presentare alla gente idee che hanno già visto. Così non si ottiene nessun impatto". Bill Bernbach (classe 1911).

BILL Magazine
- Questa rivista è dedicata a William "Bill" Bernbach. La cui visione della pubblicità, civile, mai banale, basata sulla verità, appare sempre più attuale.
Con queste parole veniamo accolti sul sito di BILL - billmagazine.com - la rivista che ruota intorno alla pubblicità, alla sua storia, alle strategie, ai suoi protagonisti. Esce con cadenza trimestrale ed è giunta al n. 9, prodotta da TITA srl, vive tra gli scaffali delle migliori librerie italiane ed è da poco approdata nel settore specializzato di Scripta Manent Books & Gallery a Roma.
Un enorme bollo nero in alto a sinistra e tutta immagine sulla copertina. Il sottotitolo: Un'idea di pubblicità.
Bill affronta con curiosità temi di comunicazione attualissimi offrendo una lettura che arriva dal passato. In fondo la storia vive di corsi e ricorsi e così anche la pubblicità. Sembrerebbe un controsenso, ma proprio come nella psicologia ambito nel quale sono stati definiti dei codici intrinsechi alla umanità in senso generale, cioè dei comportamenti che sono archetipici, anche nella pubblicità, e questo da almeno un secolo, sono stati "codificati" i linguaggi che continuano ad essere oggetto di studio e analisi.

BILL guarda a questi linguaggi e ce ne offre un'analisi attenta a partire proprio dal lavoro di quelli che sono stati i protagonisti dell'advertising fino ad arrivare ai linguaggi dei nuovi protagonisti della comunicazione, non solo commerciale.

Sfogliando con la solita affamante curiosità mi incontro con un articolo ghiotto ghiotto e subito si innesca nel mio cervello una serie di collegamenti inevitabili. Dalla pagina 82 di BILL  n.7 mi tuffo immediatamente nel famoso saggio "I persuasori occulti" di Vance Packard e dalla sua America anni 40 mi ritrovo catapultata nei più recenti anni 90 tutti italiani decostruiti dal nostro Bruno Ballardini in "La morte della pubblicità" (Castelvecchi 1994; Lupetti Editore 2012)
Chi sono i persuasori occulti, cosa dicono, cosa vogliono? Una riflessione che pone sotto la lente d'ingrandimento il lavoro dei pubblicitari rispetto al quale si cerca di capire lo scopo. 
"La stragrande maggioranza dei pubblicitari, così come dei pubblicisti, dei fundraiser e dei leader politici continua a svolgere un lavoro commendevole e a vederci come cittadini dotati di raziocinio (che lo siamo o no nella realtà). Hanno un ruolo importante e costruttivo nella nostra società. La pubblicità, per esempio, non solo ha un ruolo vitale nel promuovere la crescita economica, ma rappresenta un aspetto colorato e piacevole della vita americana, e molte delle creazioni dei pubblicitari sono onesti lavori pieni di gusto e non senza connotati artistici".




Così apre il primo capitolo del saggio di Packard che, nel 1957 diviene la pietra miliare e fondante della critica della pubblicità. Il pubblicitario ne esce però con un'opinione ampiamente favorevole e la stessa pubblicità viene licenziata con un'opinione ampliamente positiva rispetto al ruolo che essa stessa occupa nella società. 




"All'inizio era il verbo. Poi il verbo si nascose e la persuasione divenne occulta". 
Ci accoglie con queste parole il primo capitolo di La morte della pubblicità, pamphlet al vetriolo che il pubblicitario pentito Ballardni dedica, lapidario, alla sua professione. Il libro, poi, diventerà il manifesto della Mental Environment Ecology e rappresenterà il punto di partenza dal quale si aprirà una nuova visione della pubblicità e del pubblicitario che, per Ballardini, invece, sarà tutt'altro che positiva.




BILL, euro 8,00
disponibile il numero 9 da Scripta Manent Books & Gallery
via Pietro Fedele 54, Roma













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